Si continua a parlare dell’importanza di dare una identità riconoscibile alle aziende del vino ma purtroppo ancora molto poche hanno compreso che un fattore chiave per valorizzare il proprio brand è il cosiddetto "fattore umano".
Anche la cosiddetta seconda ondata pandemica sta vedendo il settore della ristorazione tra i più danneggiati da scelte governative che non è facile comprendere. L’unica nota positiva è che mai come oggi produttori di vino e ristoratori si sentono vicini, accomunati da valori che per troppo spesso sono stati ignorati.
In quest’epoca così difficile dove il mondo intero sembra trattenere il fiato, dove la paura sembra farla da padrone, arriva il pensiero di un produttore di Soave illuminato che oggi purtroppo non c’è più.
Da molti anni consideriamo le Reti di impresa uno strumento straordinario per gran parte delle imprese del vino italiane, ma alla luce dell’emergenza attuale, ci sembra che per molte realtà non rappresenti più un’opzione ma un "treno" che non si può perdere.
Con la scomparsa di Giuseppe Coffele non solo viene a mancare un protagonista straordinario del Soave ma anche un uomo coraggioso, visionario, di grande eleganza e con una profonda umanità.
Questa pandemia, rallentando anche l’uscita dei vini dalle cantine, sta mettendo in risalto anche il tema della longevità dei vini, un aspetto che troppo spesso la nostra vitienologia ha inspiegabilmente trascurato.
La capacità del brand aziendale di evocare valori nei quali i consumatori si riconoscono è sempre più importante oggi e nella società post Covid-19.
Troppi imprenditori e manager del vino considerano l’attuale emergenza una sorta di safety car che riporta al medesimo livello tutte le aziende. Ma così non è, anzi mai come oggi sono le imprese più organizzate ad essere le più competitive e quelle che scatteranno in testa quando saremo finalmente liberi da questa pandemia.
Una nuova rubrica per aiutare le imprese del vino a comunicare meglio ed evitare pericolosi errori.
È preoccupante che nemmeno in una fase così complessa anche per il nostro settore vitivinicolo, gli imprenditori, i manager del vino facciano così fatica ad esprimere il loro pensiero, le loro preoccupazioni, le loro aspettative.
Passa il tempo ma lo scenario non si modifica e a questo punto a preoccupare non è "solo" la pandemia ma anche il silenzio delle istituzioni e le difficoltà di parecchie aziende di comunicare in maniera efficace.
La giusta provocazione del noto produttore Angelo Gaja ha messo in risalto anche una problematica che da anni, in realtà, si trascina e cioè chi sono i rappresentanti della produzione italiana che si confrontano con le istituzioni pubbliche.
Nei piani di supporto alla vitivinicoltura italiana tutti concordano sulla necessità che vi sia finalmente un’unione tra i produttori per evitare pericolose dispersioni, ma è altrettanto importante ora definire e condividere un piano d’azione e chi dovrà realizzarlo.